lettera

Stefano, non hai scelto.
Non hai voluto scegliere né me, né una nuova vita.
Hai preferito tenere tutto in sospeso, come se, restando fermo, potessi conservare la possibilità di scegliere in futuro.
Ma la verità è che sei rimasto sospeso tra mille vite non vissute. E io con te.

Sono rimasta in bilico, nell’attesa silenziosa che tu potessi ancora scegliere me.
Ma tu ti lasci portare dalla corrente.
Non vuoi me — questo è chiaro — ma soprattutto non sai cosa vuoi.

Vorrei spedirti questa lettera, ma so che sarebbe inutile.
Tutti i segnali che ti ho lanciato li hai ignorati.
I miei aiuti li hai fraintesi.
Ti posso solo dire questo: (l’ho letto su internet)
nel non scegliere c’è la paura di perdere, ma anche la certezza di non trovare.

Tu hai voluto perdere me.
E io ero così sicura che non l’avresti fatto, così convinta che non avresti mai rinunciato a noi,
che non mi sono accorta che ti eri già allontanato.
Ecco cos’è che mi ha fatto più male: la non scelta.

Non hai lottato neanche una volta per noi.
Questo mi ha ferita profondamente.
Mi sono sentita come se non valessi neanche un tentativo.
Mi sono sentita niente.

E sì, vorrei che ancora oggi tu scegliessi.
Scegliessi me.
Anche se so che non succederà.

Io non mi sento cambiata, ma so di esserlo.
Non ho sofferto per la lontananza fisica, ma per quella emotiva sì.
E per quella, non mi sono ancora fatta una ragione.

Vorrei riceverla io, una lettera così.
Da parte di qualcuno che mi ha amata, che non mi ha dimenticata,
che ha riconosciuto il mio valore nella sua vita.
Ma da te… non è mai arrivata.

Sembra che io non abbia lasciato traccia.
Sei tornato a casa, hai lasciato qui le tue cose, non hai sentito nemmeno il bisogno di spiegarti.
Hai lasciato il lavoro — per cosa, poi? Per tornare a fare esattamente quello che facevi prima.

Sono arrabbiata? No.
Sono delusa. Sono triste.

Tu vuoi ancora tenere tutto in sospeso, come se il non scegliere fosse un modo per non perdere nulla.
Ma così facendo hai perso tutto.

Non mi hai voluta più. È questa la verità.
Non volevi più stare con me.
E sei scappato, tornando da tua madre.

E questa, Stefano…
questa sì che è una ferita.

Troppi silenzi, troppe assenze in questi anni.
A volte mi domando se ti sei approfittato di me.
Se mi hai vista solo come la strega cattiva, o se invece sapevi perfettamente che cercavo di accontentarti in tutto, di adattarmi ai tuoi giochi, e hai continuato così… fino a quando io ho scoperto di Rosalba.

E allora mi chiedo:
Se non ti avessi affrontato, cosa avresti fatto?
Saresti andato via lo stesso?
O saresti rimasto, continuando ad approfittare della mia fiducia?

Ricordo quel giorno, quando sei venuto a prendere le ceste di vestiti.
Mi hai detto:
“Perché pensi che io non abbia portato via tutto?”
E quella frase mi è sembrata uno spiraglio.
Un segnale.
Ancora una volta mi hai lasciata in bilico a sperare.
Ma subito dopo sei scomparso.
Solo una frase ad effetto, detta sapendo che mi avrebbe fatto pensare, aggrappare, aspettare.
E poi il nulla.

Sono passati quasi due anni da allora.
E io ho preso coscienza di tante cose.
Ma so che ho ancora tanta strada da fare.

Ora, però, posso separarmi dalle tue cose.
Posso guardarle senza sentire dolore.
Posso finalmente respirare in casa, rimettere ordine fuori e dentro di me.
Non ho più bisogno di tenerle.
Non saranno quei vestiti, quelle scatole, a farmi ricordare di te.

Riprendile tutte.
Ho bisogno di pulizia. Di spazio. Di vuoto vero.

Nei miei ricordi, superare questa linea sarà difficile — forse impossibile.
Ma ora voglio ballare in un garage vuoto, voglio camminare in casa senza inciampare negli scatoloni, voglio rotolarmi nel letto alla ricerca del punto più fresco, senza sentirmi invasa dalla tua assenza.

Io so che posso vivere senza di te.

Posso vivere anche molto bene.
Ma non posso — e non riesco nemmeno a pensare di avere accanto qualcun altro che non sia tu.

Adesso che rileggo la mia lettera mi sento come se fosse stata scritta da un’adolescente. Una lettera da baci perugina. Però è la verità. Nel mio profilo whatapp ho messo questa frase “scegliere significa abbandonare tutte le altre alternative”. Ed è così che mi sento.

Sai, Stefano,
nella vita non ho mai avuto paura di scegliere.
Anzi, mi è sempre stato detto che sono una decisionista.
Qualcuno forse lo ha anche usato come rimprovero: troppo risoluta, troppo netta.
Io invece l’ho sempre considerato il mio modo di stare nel mondo.

Anche quando ho sbagliato, ho scelto. Ho fatto inversione di marcia, ho cambiato strada.
Ma sempre con consapevolezza. Sempre sapendo che scegliere significa lasciare andare tutte le alternative.

Con te no.
Con te è stato diverso.
Con te non sono mai riuscita a scegliere davvero, perché non sapevo più se ero io a decidere o se stavo semplicemente cercando di non perderti.

Con te ho sempre avuto paura di dire la cosa sbagliata.
Di fare troppo. O troppo poco.
Di sbagliare il tono, il momento, la domanda.
Tu mi destabilizzi.
Non perché sei forte, ma perché sei incerto.
E in quella tua incertezza, mi ci sono persa anch’io.

o avevo capito di essere il tuo appoggio.
E ne ero contenta. Mi sentivo utile, importante.
Certo, a me è mancato il tuo appoggio molte volte.
Ma non posso negare che mi hai aiutata tanto nel lavoro. Lo ammetto.

Mi hai sostenuta quando ero stanca, quando stavo per mollare tutto.
Sentivi quel progetto anche tuo, e insieme ce l’abbiamo fatta.
Eravamo una squadra.
Ma poi ti sei fermato.
Hai fatto un passo indietro.
Silenzioso, ma profondo.

Non potrò mai ignorare il tuo aiuto, non lo rinnegherò mai.
Ma la verità è che le responsabilità me le sono prese sempre tutte io.
E lo sai.

Forse hai lavorato troppo, per me, per noi.
Lo riconosco.
Ma poi… cos’è successo?
Perché non me ne hai parlato?
Perché non hai condiviso cosa ti stava succedendo?

Avevi già rallentato da un po’,
e io speravo che quel tempo ti servisse per ritrovarti, per rigenerarti.
Invece hai trasformato tutto in un’accusa contro di me.
Hai riversato il tuo vuoto nel mio spazio.  Hai ritirato la mano, e hai trasformato il legame in una distanza piena di silenzi e accuse implicite.

Forse avrei voluto solo che tu mi dicessi la verità.
Che qualcosa in te era cambiato.
Che non volevi più.
Avrei sofferto lo stesso, ma almeno avrei potuto guardarti negli occhi mentre mi lasciavi.

Invece hai scelto il silenzio, la fuga, l’ambiguità.
Hai lasciato che fossi io a interpretare ogni tuo passo indietro, ogni tua assenza, ogni tua omissione.
Hai lasciato che fossi io a sentirmi sbagliata, pesante, troppo.

E oggi, dopo tutto questo tempo non cerco più risposte che non arriveranno.
Vorrei dirti che ti ho lasciato andare.
Che ho chiuso tutto, che non aspetto più nulla.
Ma la verità è che ci sto ancora provando.

Sto cercando di separarti dalla mia vita,
di ritrovare un ordine dentro e fuori di me,
di ballare nel vuoto che hai lasciato senza più inciampare nei tuoi ricordi.

Non so quanto tempo ci vorrà.
So che ogni passo mi porta un po’ più lontano da quel punto in cui mi ero fermata ad aspettarti.

Non è un addio.
Non ancora.
Ma è un inizio.